La rimozione di un tatuaggio comporta generalmente due strategie di intervento:
- Rimuovere completamente ogni traccia di pigmento;
- Schiarire quanto possibile per correggere e migliorare la zona con un altro tatuaggio.
I tempi di rimozione e il numero di sedute variano prima di tutto in base alle strategie sopra descritte. Una volta stabilito il percorso più indicato è utile considerare alcune variabili individuali che possono prolungare il numero dei trattamenti e ovviamente il tempo necessario per ottenere un risultato gratificante.
Variabili:
- Abitudine al fumo: il meccanismo con cui il pigmento viene rimosso è un meccanismo immunologico legato al sistema fagocitario e alla rimozione del pigmento attraverso il sistema linfatico. Questo meccanismo è sicuramente meno attivo nei soggetti fumatori.
- La profondità del pigmento e la sua quantità: essi rappresentano, com’è facile immaginare, altri due aspetti importanti nel determinare il numero di sedute necessarie per la completa rimozione del pigmento: più sono elevati, maggiore sarà il numero di sedute necessarie per rimuovere il tatuaggio.
- Il colore del tatuaggio: generalmente i pigmenti scuri, grazie alla loro proprietà di attirare e accumulare maggior calore, attraverso lunghezze d’onda dedicate, reagiscono più velocemente rispetto ai colori chiari. In ogni caso però i tempi di eliminazione del pigmento, attraverso il nostro sistema immunitario, sono gli stessi. Pertanto la variabile dipende solo dalla lunghezza d’onda utilizzata in base al colore del pigmento trattato.
- L’intervallo tra le sedute: è necessario attendere che il nostro sistema immunitario abbia terminato l’asportazione della parte di pigmento “liberato” e siano terminati i processi infiammatori necessari per la rimozione del pigmento. L’intervallo di tempo deve essere valutato durante le visite di controllo anche se in linea generale un periodo che varia dalle 4/6 settimane ai 3/4 mesi può rendersi necessario.
- L’anzianità del tatuaggio: nei tatuaggi di antica data, le particelle di inchiostro tendono a migrare in profondità rendendo più difficile la loro frammentazione attraverso l’impulso laser. Inoltre nei vecchi tatuaggi è possibile osservare uno strato di fibrosi (lo stesso che si può creare attraverso l’uso troppo aggressivo di laser non dedicati espressamente per la rimozione dei tatuaggi come ad esempio il laser CO2) che rende più difficile l’arrivo della luce laser sulle particelle da frammentare.
- Dimensione e localizzazione del tatuaggio: i tatuaggi localizzati ai piedi e alle gambe rispondono più lentamente a causa della possibile presenza di insufficienza vascolare che in molti casi imbibisce i tessuti di liquidi e impedisce una corretta perfusione capillare dei tessuti con conseguente riduzione della risposta immunitaria.
- Presenza di pigmenti azoici nel tatuaggio: la presenza di tali pigmenti (generalmente presenti nei colori rossi brillanti, corallo e gialli), completamente banditi a livello mondiale e quindi non più utilizzati per l’effettuazione dei tatuaggi, non consente di poter rimuovere il tatuaggio.
Non è mai semplice stabilire a priori il numero di sedute per eliminare un tatuaggio a causa delle variabili sopra elencate, anche se nelle situazioni migliori è stato possibile rimuovere del tutto un tatuaggio in 4/5 sedute. In altre situazioni, indubbiamente più complesse, alcuni tatuaggi sono stati rimossi in 10/12 o più sedute.
COME AVVIENE LA PROCEDURA DI RIMOZIONE?
La rimozione dei tatuaggi viene eseguita con tecniche laser che prevedano l’utilizzo di lunghezze d’onda dedicate al tipo di pigmento da rimuovere e con un tempo di emanazione dell’impulso luminoso molto breve nell’ordine dei nano-secondi (alcuni miliardesimi di secondo).
Tali impulsi distruggono le cellule entro le quali sono accumulati i granuli di pigmento, spezzandoli in frammenti (da 10 a 100) più piccoli che, nel corso delle settimane successive, vengono smaltiti dal nostro sistema immunitario e in particolare da cellule come i macrofagi, deputate alla rimozione di tutto ciò che è estraneo al nostro organismo.
Poco prima del trattamento viene raffreddata la zona interessata al fine di desensibilizzare la pelle e impedire che il calore prodotto dall’assorbimento dell’impulso luminoso, da parte del pigmento, non superi temperature troppo elevate. In ogni caso la pelle non subisce nessuna soluzione di continuità, rimanendo integra e priva di escoriazioni.
Terminato il trattamento viene applicata una crema lenitiva per ridurre l’irritazione che generalmente regredisce da qualche ora a qualche giorno dopo il trattamento, in base alla quantità di pigmento presente nel tatuaggio.
Nei giorni successivi al trattamento è possibile si formi, in prossimità del tatuaggio, una crosticina piana che generalmente si esfolia in un tempo variabile dai 10 ai 15 giorni.
Tra un trattamento e l’altro possono rendersi necessarie alcune settimane di attesa prima di sostenere ulteriori trattamenti laser. Per migliorare i processi di rimozione del pigmento, da parte del nostro sistema immunitario, vengono associate le tecniche a Diatermia, le quali, generando un aumento della irrorazione ematica e facilitando il riassorbimento linfatico, consentono di rimuovere con estrema facilità e rapidità i pigmenti che abbiamo “liberato” grazie al laser.
CREME PER RIMUOVERE I TATUAGGI: FACCIAMO UN PO’ DI CHIAREZZA
Premessa: come già detto, la rimozione del tatuaggio è un processo strettamente legato al nostro sistema immunitario e non esiste tecnica al mondo, in questo momento e molto probabilmente anche in futuro, che prescinda da questa condizione. La particolarità del laser, e ricordiamolo, di un tipo preciso di laser come il laser q-swiched, è quella di provocare un danno termico-controllato utile a rompere le vescicole di pigmento senza danneggiare i tessuti. Questo è un dettaglio di importanza fondamentale che consente di evitare disagi e convalescenze lunghe e dolorose a causa di altre tecniche troppo aggressive.
Le tecniche di tipo chimico, molto similmente (anche se non sono la stessa cosa) a laser ablativi come il Laser CO2, asportano e rimuovono i vari strati cutanei con una profondità di azione legata alla invasività del metodo usato. Da diversi anni queste tecniche sono state accantonate a causa, non solo della scarsa efficacia (ricordiamo che il pigmento impresso dal tatuatore viene iniettato nel derma profondo e risulta quindi impossibile da rimuovere fisicamente), ma anche difficili da gestire nei giorni e nelle settimane successive al trattamento a causa delle ferite provocate dall’asportazione dei tessuti cutanei superficiali e dal rischio di provocare infezioni e fibrosi cutanee cicatriziali che rimpiangerebbero anche il più orribile dei tatuaggi.
Le creme di cui si sente molto parlare in rete lavorano in parte attraverso metodiche esfolianti tipo “peeling” e in parte attraverso ipotetiche proprietà immunostimolanti che consentirebbero al sistema immunitario di aumentare il suo lavoro nella zona trattata con la crema e rimuovere in questo modo il pigmento. Per le metodiche esfolianti a mezzo “peeling”, come già detto, nella migliore delle ipotesi non servono a nulla, in quanto il pigmento è impresso troppo in profondità, e nella peggiore possono causare abrasioni e ferite poco piacevoli, oltre a risultare del tutto inefficaci. Per le creme immunostimolanti, al momento in letteratura internazionale non vi sono evidenze scientifiche che consentano di affermare l’ottenimento di risultati degni di questo nome in assoluta sicurezza.
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